Meditazione - kyokushinkai

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PREMESSA

Durante queste spiegazioni voglio portare la mia esperienza ventennale nel campo della ricerca sull’uomo e le sue qualità, nella completezza di idee trasmessemi dallo studio costante e ancora attuale della visione della “Quarta Via” e in particolare sotto le indicazioni del Sig. Patrizio Paoletti

Tutte le idee saranno apposta trattate sommariamente senza scendere nello specifico o in dilungamenti che potrebberò confondere piuttosto che chiarire al neofità, ma che comunque possano risultare interessanti per coloro che vogliono studiarsi e che hanno già una infarinatura nel campo della ricerca armonica dell’uomo.

Queste sono un sistema di idee completo e organizzato, dove completo indica che si occupa dell’interezza dell’uomo e organizzato che ogni idea è concatenata all’altra.

PARTE PRIMA

Quale correlazione si può trovare tra karate e meditazione o lo yoga? Sono tecniche distanti o vicine al karate?

La meditazione altro non è lo dice la parola stessa meditare un azione, quindi pensare un’azione, questo metodo basilare in tutte le tecniche di meditazione permette a noi come individui

di fare in modo che la nostra mente attenui il suo chiacchiericcio interno o addirittura che venga del tutto spento per creare spazio quindi creatività, quindi pace.

Molte tecniche utilizzano dei mantra (parole spesso in lingua sanscrita per il loro particolare suono) che permettono alla nostra mente di attaccarsi ad un suono sino a dimenticarsi di tutte le preoccupazioni

della vita quotidiana e creare con la pratica regolare uno stato di vuoto dov’è risultano più evidenti soluzioni a problemi, riequilibri energetici, ma anche e solo rilassamento fisico, attenuazioni di dolori ecc.

Il Karate è una buona tecnica di meditazione, in particolare il karate kyokushinkai perché tramite il suo allenamento fatto di ripetizioni continue e decise come i kihon tsuki e kihon geri iniziali dell’allenamento possono tramite comunque una forma di attenzione focalizzata (che spiegheremo nella seconda parte di questa breve sintesi) portarci in questo luogo di silenzio dov’è tante cose diventano più chiare, dove la mente trova soluzioni, dove il corpo traduce lo stress in energia positiva, dove il super sforzo (differente dallo sforzo) ti rigenera dandoti nuova linfa vitale.

Andiamo per gradi a spiegare cosa succede nella nostra mente e nel nostro corpo durante una sessione di allenamento e vediamo come possiamo trarre maggiore vantaggio da questa splendida disciplina.

Parto con una frase che dice il mio Allenatore Patrizio Paoletti: “La ripetizione è la madre di tutte le arti”.

In particolare questa frase ci invita a comprendere che più una cosa la ripeto più diventa un’arte. Nel kyokushinkai la ripetizione è in assoluto il metodo che per eccellenza ci permetterà di essere dotati di una splendida ed efficace tecnica, di avere maestria nei movimenti e soprattutto ci farà rendere conto “se la guardiamo esattamente” che abbiamo sempre da migliorare;

Questa frase che ci invita a dirci “ho ancora da migliorare” è una grande forma di umiltà che si vede soprattutto nei grandi, come Sosae Oyama, come Shihan wakiuchi per avere riferimenti a noi vicini. Nonostante ai nostri occhi loro abbiano una tecnica, una conoscenza e una capacita atletica che sembra a noi irraggiungibile non si vantano mai delle loro prestazioni, non ostentano poteri eccessivi, delirio di onnipotenza o ego smisurato, cosa che purtroppo in particolare noi occidentali facciamo nostri appena apprese le tecniche e le capacità riconosciute anche dagli altri, e quanto danno fanno molti sedicenti maestri ai loro allievi a loro insaputa.

A questo proposito cito una triade ( o meglio chiamati guna dal sanscrito) interessante, tre cose cui essere liberi sono“ignoranza, passione, virtu”, di cui la virtù è vista come la peggiore delle altre due perché capace di accecarti e di creare danni se non vissuta con spirito di distacco e umiltà.

 

PARTE SECONDA

Iniziamo con lo spiegare la differenza tra sforzo e supersforzo. Lo sforzo è quello che ti viene richiesto nel dojo sotto i comandi del sempai, sensei o shihan, se fai esattamente quello che ti viene detto sei nello sforzo che produrrà con precisione matematica un risultato. A questo proposito Sosae Oyama era solito dare una visione chiara del risultato in questa semplice frase “Con mille giorni di allenamento comincia la Via delle Arti Marziali, ma per padroneggiarla ci vogliono diecimila giorni di allenamento. E’ chiaro che sosae parla di una certezza che sottintende una cosa importante anche se non lo dice chiaramente cioè che ogni giorno di quei mille li devi fare nello sforzo, che dicevamo essere “fare esattamente ciò che ci viene detto”, quindi presuppone che tu sappia ascoltare e che soprattutto tu non sia un autodidatta o privo di maestro perché questo non sarebbe assolutamente sforzo ma imitazione o mera esecuzione. Bene allora adesso avendo chiarito questo termine possiamo affrontare il discorso relativo a “Super Sforzo”, uno sforzo super, superiore a quello che esattamente ci viene detto, ci viene detto fa 40 kentate, 40 squat, 40 aikin ecc. io non solo li farò esattamente ma li farò in metà tempo, senza perdere naturalmente l’esecuzione tecnica che quel gesto richiede. Altra visione del super sforzo sotto comando è questa: non solo effettuo ciò che mi viene detto nel giusto tempo cioè sotto il comando, senza velocizzare ne diminuire e tenendo presente anche il gruppo, mediando tra chi è più veloce e chi più lento, ma anche sentirò, osserverò, non solo il corpo, ma anche l’emozione, e la mente durante l’esecuzione prendendo riferimenti su di me importanti come tensioni corporee, non utili a quello che mi richiede il gesto tecnico, emozione correlata al gesto, mente o obiettivo presente a cui tendo durante il gesto e per cui lo effettuo (vedere schema del triangolo sotto), possiamo dire che il supersforzo è la divisione del nostro corpo in tre cervelli quello istintivo/corpo quello emozionale/cuore e quello razionale/mente o intelletto quindi una divisione equa in 33% per ciascuna parte.

Questo mi premette di essere nell’idea di Supersforzo. Quindi i 1.000 giorni di Sosae possono avere il valore di 10.000 giorni di allenamento se io facendoli ho potuto usarmi nei miei tre piani o cervelli o centri.

Corpo, Emozioni, Mente, se vogliamo essere più precisi esiste anche il quarto piano dell’essere che è lo spirito o sé, ma lo tratteremo in Dojo o di presenza questo argomento a tempo debito e sicuramente dopo aver compreso le relazioni dei tre centri principali.

 

Non possiamo parlare di super sforzo senza correlazionarlo ad un suo aspetto intrinseco che è l’idea del “di meno è di più”, che potrebbe a questo punto sembrare opposto e contrario a Supersforzo invece possiamo vederlo nel contesto che voglio chiarirvi:

Di meno è di più vuol dire fare quello che ha fatto Sosae Oyama nei suoi 300 kumite man, come ha potuto farli tutti?, come ha potuto vincerli? Facendo in modo che un solo colpo fosse quello decisivo senza possibilità di repliche o errori o per essere più chiari senza sprechi inutili di energia.

Di meno è di più ancora lo posso ottenere mentre effettuo dei kentate (flessioni sulle braccia); ma devo chiedermi, quali muscoli sto utilizzando? Solo quelli chiamati al gesto oppure cosa più probabile, dei muscoli non solo non utili al gesto ma addirittura contrari e che nella loro sollecitazione creano uno spreco di energia che va verso il nulla. Uno di questi per rendervelo più chiaro sono i muscoli facciali, per forza dobbiamo tenderli? Per forza dobbiamo allenarli? No, la mancanza di attenzione quindi di supersforzo ci porta a usarli dove non conviene che si usino.

Per portarvi un’ultimo esempio, quando ho conosciuto il mio allenatore Patrizio Paoletti gli feci vedere una foto di un mio calcio volante molto alto, con una tecnica molto precisa e chiara, tutti prima di lui mi avevano detto è eccezionale questo calcio ma lui con estrema semplicità mi disse: a cosa serve tutta questa inutile tensione facciale durante questo colpo?, non è un calcio perfetto potresti fare di meglio e quindi devi.

 

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Schema 1 - triangolo equilatero

Come si può vedere questo triangolo equilatero è suddiviso in più parti che lo compongono, la base è Istintivo/corpo cioè li vivono tutte le funzioni corporee quali la circolazione sanguigna, la salivazione, la forza, il respiro, i muscoli involontari sono da esso gestiti automaticamente, sintetizzato in una frase sarà “Caldo o Freddo”.

Nella parte destra vediamo Emozione/cuore dove vivono tutte le funzioni emozionali quali l’affetto, l’entusiasmo, la motivazione, la paura, l’ odio sintetizzato in una frase sarà “Mi piace e non mi piace”.

Nella parte Sinistra vediamo mente/intelletto dove vivono gli stati del pensiero, dell’obiettivo, della gestione dei muscoli volontari, la mente umana crea lo stato cioè gli altri vedono quello che tu sei, per sintetizzarlo in una frase diremo “Questo o Quello”.

Notiamo tra di essi delle freccette che stanno ad indicare la correlazione continua che c’è tra i vari “cervelli” (Cervello rettile, limbico, cervicale nella spiegazione della scienza moderrna), il corpo influenza la mente e il cuore, cosi come la mente influenza il cuore e il corpo, così come l’emozione influenza il corpo e la mente.

Per intendere meglio questa correlazione notate in ogni lato oltre le funzioni appena descritte notiamo altre indicazioni come la fisiologia nella base, a destra il comportamento e a sinistra lo stato.

La fisiologia è la tua posizione corporea, i tuoi muscoli, il tuo scheletro e l’uso che ne fai, stai diritto o curvato, hai tanti muscoli o pochi sono allenati o meno, questo livello può essere cambiato influenzando positivamente o negativamente lo stato e il comportamento. Per esempio se stai con la testa e le spalle curvate per un certo tempo questa fisiologia influenzerà negativamente lo stato quindi la tua mente che inizierà a creare pensieri meno, che si alterneranno e ti porteranno a trovare problemi, bisogni ecc.

Cosi come questa posizione corporea influenzerà il tuo comportamento, non sarai attivo, propositivo e energico ma risulterai agli occhi degli altri negativo.

Questa parti dicevamo sono interconnesse cosi se cambierò la mia posizione volontariamente, quindi raddrizzerò la mia schiena e alzerò la testa influenzerò positivamente lo stato e il comportamento.

Naturalmente potrò fare altrettanto cambiando lo stato o il comportamento per fare un altro esempio: sono triste i miei muscoli facciali sono distesi eccessivamente e creano correlazioni con corpo e comportamento negativi allora volontariamente farò un sorriso e lo terrò tale fin quando otterrò miglioramenti sui tre stati.

N.B. Naturalmente tutto questo può essere oggetto di studio e di discussioni e approfondimenti, potremmo fare degli esercizi e comprenderne meglio le parti. Ma lo faremo in incontri di studio organizzati durante l’anno e comunicati su questo sito aperti a istruttori e allievi.

 

PARTE TERZA

LA TECNICA - LA MEDITAZIONE È “DI MENO È DI PIÙ”

Allora possiamo dire che già all’interno della nostra disciplina abbiamo la possibilità di lavorare sulla meditazione dinamica, attiva o in movimento.

Un’altra parte fondamentale durante l’allenamento è il mokuso iniziale e finale di ogni lezione in Seiza, non credo e non penso che sia soltanto stato tramandato a noi come semplicemente chiudere gli occhi.

Ma queste domande o perplessità le chiariremo in un secondo momento.

Per ora potremmo all’interno di questo spazio che è il mokuso iniziale e finale in seiza produrre focalizzazioni, visioni, obiettivi, respiri ecc.

Per avere un’indizio semplice dirò che nella parte iniziale della lezione prima del riscaldamento durante il mokuso posso produrre un’attenzione al mio respiro producendo questa visualizzazione:

Durante l’inspirazione visualizzo il mio tandem (4 dita sotto l’ombelico e 4 dita dentro) sentendolo come centro fisico di energia, durante l’espirazione visualizzo questa energia che va verso le periferie del mio corpo attraversando ogni punto che si trova in mezzo, per periferie intendo le punte delle dita dei piedi e delle mani, la sommità del capo, la pelle tutta attorno al mio corpo questo lo ripeterò per almeno 7 volte senza forzare il respiro ma lasciandolo anzi il più naturale possibile.

In questo modo preparerò me stesso ad un’attenzione nuova che mi permetterà durante l’allenamento di prendere riferimenti utili, che naturalmente toccherà a voi scoprire perché la teoria è niente senza pratica in questo senso vi cito questa frase Chi Sa non Fa, Chi Fa è, chi è Sa.

Un altro momento importante è il mokuso finale in seiza. Porto la mia attenzione al respiro producendo una visualizzazione:

Durante l’inspirazione sento che l’energia dalla mia periferia corporea (quindi come dicevo le punte delle dita e dei piedi, la sommità del capo e la pelle attorno al mio corpo) si ritira e durante l’espirazione viene proiettata nel mio tandem (4 dita sotto l’ombelico e 4 dita dentro).

In questo modo durante queste due differenti fasi del mokuso farò in modo che la mia energia venga utilizzata al meglio, che la mia mente prenda nuove consapevolezze, che il mio corpo sia pronto, che le mie emozioni siano orientate. Se farò questo ogni lezione potrò vivere quello stato di neutralità, quello stato di vuoto che è pieno di conoscenza, e potrò comprendere meglio tutto ed in maniera più chiara tramite il “fare” .

Sensei Caramanno Alessandro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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